I recenti fatti di Francia e Belgio in materia di terrorismo consegnano una situazione notevolmente preoccupante.
Ciò che emerge costituisce, con ogni probabilità, il maggiore pericolo per il nostro domani.
Due gli aspetti principali. il primo essenzialmente politico: il “fenomeno” ISIS non esisterebbe se soltanto fossero interrotte produzione e commercio di armi. E’ noto che Stati Uniti, Russia, Arabia Saudita hanno in questo senso interessi che sono contrari, nei fatti, alla volontà di pace. La Turchia, altro attore protagonista della scena, sembra alimentare stretti rapporti commerciali con il Califfato. Pertanto, i recenti fatti accaduti nella capitale transalpina, da “Charlie Hebdo” al “Bataclan” non possono stupire. Ancora, una sottile linea di celata mistificazione e contrapposizione collega le vicende di Francia al tormentato e conflittuale rapporto tra Turchia e Russia, Paesi per molti versi speculari l’uno all’altro. Poi, la Siria, terra martoriata per folli disegni interni ed esterni. Il sanguinario regime di Assad, le troppe fazioni coinvolte e l’interessata presenza sul campo di Nazioni Europee e non, in forma spesso indiretta. E’ chiaro che ciò che rappresenta Assad andrebbe liquidato: il riconoscimento ed ancor più il sostenere una dittatura, come ad esempio fa la Russia, non è processo destinato a durare nel tempo.
Invece, la situazione si deteriora lentamente.
Ci si accorge, dopo averlo con noncuranza sostenuto, che il proliferare di uno Stato Islamico fondamentalista in un coacervo integrale è una minaccia molto seria nello scacchiere internazionale. E qui incrociamo il secondo, decisivo aspetto: come agire in contrapposizione? Fondamentale è il ruolo della mediazione politica a condizione che si voglia esercitarla realmente. Altrettanto importante è il ruolo dell’intelligence. Perchè occorrono sempre dei morti per vedere riformate con puntualità strategie di contenimento e difesa, oggi irrinunciabili? Si è rivelata una bruciante verità l’inadeguatezza della polizia belga nei momenti immediatamente successivi agli attentati. Ricordiamo che nel principale quartiere musulmano di Bruxelles teatro degli ultimi fatti esistevano ed esistono 42 moschee.
Non si racconti, pertanto, la favola dello scontro tra due civiltà: molto più aspramente si tratta di combattere la delinquenza, senza confini.
ANDREA G. STORTI
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