Nel commentare l’esito delle elezioni politiche nazionali del 25 settembre scorso occorre prima di tutto sgombrare il campo da mistificazioni a vario titolo. La prima di queste si riferisce all’ipotesi di annoverare tra i quasi vincitori di questo confronto politico il “Movimento Cinque Stelle” in quanto capace di contenere una debacle ampiamente annunciata. Niente di più pretestuoso: perdere in meno di cinque anni (2018 – 2022) più di sei milioni di voti è prima di tutto una sconfitta colossale, cui fa seguito il negativo risultato del Partito Democratico collocatosi al di sotto del venti per cento definita precedentemente la soglia minima cui giungere. Non può essere felice Matteo Salvini passato dal 17,2 delle precedenti politiche all’attuale 8,7 (pol. 2022) con una notevole frizione tra area di governo (i presidenti di Regione, Veneto e Friuli Venezia Giulia in testa ed i ministri e componenti il governo uscente di Draghi) e la base del partito, nostalgica della rappresentanza del Nord Italia non ancora compiuta.
Ancora, il M5S tende a caratterizzarsi come partito del Sud, pressochè inesistente nelle aree produttive del Paese che potrebbero invece trovare espressione nell’operazione politica di centro avviata con parziale successo da Carlo Calenda e Matteo Renzi e lontana dal completamento.
L’indiscussa affermazione di Giorgia Meloni sorprende per portata ed omogeneità di consenso. Si è inteso premiare una innegabile coerenza di posizione, – unica voce contraria al governo Draghi- ed un percorso lineare nell’ambito della Destra che tuttavia non può allo stato attuale definirsi europea in quanto non vi è certezza di un reale interesse verso la scelta atlantista.
Il passaggio da un modesto 4.3 delle politiche 2018 al 25,9 di oggi segna per “Fratelli d’Italia” una svolta, senza enfasi, storica, contraddistinta nell’area del Nord Italia dall’esodo dalla Lega.
Ci sarà modo di verificare se il nuovo esecutivo di destra saprà rispondere alle attese di coloro i quali oggi si stanno affidando a Giorgia Meloni così come in momenti anche recenti hanno investito politicamente prima nel Partito Democratico e, successivamente nei “Cinque Stelle”.
Aggiungiamo che un elettore su tre è rimasto a casa, confermando che la distanza tra i cittadini e la politica appare lontanissima. In questo senso il segnale che si rafforza può considerarsi estremamente pericoloso.
ANDREA G. STORTI
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